Nasser Abu Srour
Il racconto di un muro Feltrinelli 2024
Nasser Abu Srour è una voce rara e potente della letteratura palestinese contemporanea. Nato e cresciuto in un campo profughi nei pressi di Betlemme, porta addosso le ferite della storia: la sua famiglia fu costretta a lasciare la propria terra durante la Nakba del 1948.
Nel 1993, in piena Prima Intifada, viene arrestato per il presunto coinvolgimento nell’uccisione di un funzionario dell’intelligence israeliana. Da allora è rinchiuso in una prigione israeliana, dove sconta una condanna all’ergastolo. Ma il carcere, invece di spegnere la sua voce, l’ha resa più limpida e profonda: tra quelle mura ha conseguito una laurea in inglese alla Bethlehem University e un master in scienze politiche alla Al-Quds University.
Il racconto di un muro (The Tale of a Wall) è la sua opera più nota, e la prima ad essere tradotta in inglese. Il manoscritto ha lasciato la cella in modo rocambolesco, passando di mano in mano fino all’editore libanese Dar Al-Adab, per poi approdare a una diffusione internazionale con Other Press e Penguin. In Italia è uscito nel giugno 2024, nella collana I narratori di Feltrinelli, con la traduzione di Elisabetta Bartuli.
Il libro è un’autobiografia intensa e poetica. Nasser intreccia memorie carcerarie, storia palestinese, filosofia, poesia e una toccante storia d’amore con Nanna, la sua avvocatessa. Il cuore del racconto è un “muro”: non solo barriera fisica della prigione, ma presenza viva, interlocutore silenzioso con cui dialogare di letteratura, religione, politica e sentimenti. Attraverso questa metafora, il muro diventa simbolo di resistenza interiore e punto fermo in un’esistenza sospesa.
La critica internazionale ha sottolineato la forza poetica e la prospettiva umana dell’opera, capace di illuminare, da un’angolazione inusuale, il conflitto israelo-palestinese. Non a caso, Il racconto di un muro è entrato nelle longlist del National Book Award e del PEN Translation Prize, consacrando Abu Srour come una delle voci più autentiche e toccanti della “letteratura carceraria” palestinese.
Il memoir di Nasser Abu Srour, The Tale of a Wall (in arabo Hikāyat Jidar), è stato pubblicato per la prima volta in lingua araba dal rinomato editore libanese Dar al-Adab nel 2022
Nel testo troviamo: Analisi dei problemi familiari, campi profughi, divisioni politiche e accordi mancati, valore simbolico della testimonianza, impegno nella diffusione della letteratura palestinese.
Lo stile viene elogiato come intenso, doloroso e ricco di riflessioni sull’identità e la resistenza
Si tratta di un memoir potente, poetico ma intriso di una disperazione contenuta, espressa con una scrittura intensa, dolorosa ed uno stile molto alto dove poesia e filosofia sono componenti essenziali del testo.
Il protagonista, Nasser, vive il muro come unica certezza, un limite che può osservare da molteplici prospettive: il muro geografico è la Palestina, il muro fisico è il carcere, il muro mentale è la sua stessa forma mentis. Attraverso questi confini, lui si impone di costruire una nuova realtà vivibile, sfruttando al meglio ciò che conosce e ciò che ha a disposizione. Nella prigione dalle pareti anguste, Nasser riesce a creare un mondo sostitutivo, un universo interiore che si sviluppa tra le sbarre della sua cella.
Con il tempo, il muro cede il suo ruolo a Nanna, la sua avvocatessa, che diventa fonte di un altro tipo di immaginazione. Attraverso di lei, Nasser sperimenta un amore che non si consuma nella quotidianità, ma fiorisce a livello intellettuale e poetico, trasformando il sentimento in un’esperienza intensa, delicata e immaginativa. Per Nanna, lui incarna la possibilità di salvare contemporaneamente se stesso e la Palestina; eppure, con il tempo, questa speranza svanisce, e lei lentamente si allontana.
Il racconto di un muro è insieme saggio, autobiografia e riflessione filosofica: Nasser narra la politica, la società e la storia del paese in cui vive. Racconta le ragioni della sua incarcerazione e della condanna all’ergastolo, intrecciando riflessioni filosofiche moderne con una prosa che sfiora la poesia. Al centro di tutto resta il muro della cella, la sua unica certezza e punto di riferimento assoluto, a cui lui si affida completamente.
Il libro attraversa anche gli eventi più dolorosi e significativi dalla prima metà del Novecento fino ai giorni nostri, offrendo una testimonianza intensa, riflessiva e profondamente umana della vita di Nasser e della condizione palestinese.
Base storica (da Wikipedia.org)
L'esodo palestinese del 1948 conosciuto soprattutto nel mondo arabo, e fra i palestinesi in particolare, come Nakba (Nakba, letteralmente "disastro", "catastrofe"), è l'esodo forzato della popolazione araba palestinese durante la guerra civile del 1947-48, al termine del mandato britannico, e durante la guerra arabo-israeliana del 1948, dopo la fondazione dello Stato di Israele.
Durante tale conflitto, più di 700.000 arabi palestinesi abbandonarono città e villaggi o ne furono espulsi, e, successivamente, si videro rifiutare ogni loro diritto al ritorno nelle proprie terre, sia durante sia al termine del conflitto.
Questo esodo è anche all'origine del successivo problema dei rifugiati palestinesi, che costituisce uno dei contenziosi più difficili da risolvere del più ampio conflitto arabo-israeliano e del conflitto israelo-palestinese. I rifugiati palestinesi e i loro discendenti registrati dall'UNRWA erano 5.149.742 nel 2015, distribuiti in Giordania, Striscia di Gaza, Cisgiordania, Siria e Libano; di questi molti risiedevano nei campi-profughi palestinesi
Nel 1948 l'ONU propose una ripartizione territoriale che fu accettata solo da Re ʿAbd Allāh di Transgiordania, che ottenne così la Cisgiordania ed una parte di Gerusalemme. La Transgiordania fu ribattezzata Giordania e parte dei palestinesi ottennero la cittadinanza.
Ma con la "Naksa" l'ulteriore esodo di profughi palestinesi dovuto alla fuga dai territori occupati da Israele nel 1967 con la guerra dei sei giorni, si rifugiarono nel paese circa 750.000 palestinesi. Il conflitto aveva aumentato il potere dei guerriglieri palestinesi di Al Fatah, che dai territori giordani lanciavano attacchi ai confini israeliani, e divennero uno stato nello stato. Questo portò re Husayn nel settembre 1970 ad attaccare i palestinesi, in una guerra civile che durò fino al luglio 1971, giungendo all'espulsione dell'OLP dal paese. Molti palestinesi si rifugiarono quindi in Libano e questo avrebbe provocato nel 1975 la prima guerra civile libanese.
L'Intifada delle pietre
La prima intifada palestinese ebbe inizio nel dicembre del 1987. Dopo alcuni atti spontanei di protesta contro le forze dell'ordine israeliane nei territori palestinesi, gli eventi assunsero le dimensioni di una vera e propria rivolta popolare, con coinvolgimento di civili di entrambe le parti. Tali sommosse si intensificarono arrivando ad un punto critico nell'incidente in cui un camion militare israeliano travolse due taxi collettivi nel campo profughi di Jabalya, uccidendo quattro palestinesi. Le violenze e le proteste – con il classico lancio di pietre alle truppe israeliane, soprattutto da parte di palestinesi minorenni – persero poi intensità nel corso degli anni a seguire, anche per l'uccisione di molti manifestanti (311 nel primo anno). Gli accordi di Oslo (agosto 1993) e la creazione dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) sono considerati come i termini della conclusione della prima intifada palestinese.
La seconda intifada palestinese (nota anche come Intifāda di al-Aqsa) indica il violento riesplodere del confronto israelo-palestinese. Il suo inizio è databile al 28 settembre 2000 quando l'allora capo dell'opposizione israeliana Ariel Sharon entra nel complesso della Spianata delle moschee di Gerusalemme dove sorgono le due antiche moschee (al-Aqsa e la Cupola della Roccia).
Il leader politico di Hamas, Khaled Mesh'al, ha invocato una "terza Intifada palestinese" a seguito della guerra di Gaza avvenuta tra la fine del 2008 e all'inizio del 2009. Questa definizione non ha tuttavia avuto riscontro in una rivolta chiaramente identificabile. Gli attentati terroristici avvenuti a Gerusalemme e in altre parti del paese nei mesi di novembre e dicembre 2014. Hamas proclama tali atti deliberati di violenza, sostenendo che sia una forma legittima di protesta nei confronti dello Stato d'Israele.
Dai primi di ottobre 2015 scoppiò una nuova ondata di violenza rinominata "l'intifada dei coltelli", per il fatto che la maggior parte degli attacchi furono perpetrati con armi da taglio da parte di singoli palestinesi contro civili e militari israeliani; i sostenitori di tali attacchi incoraggiano il proseguimento della lotta armata contro i militari israeliani, affermando che essa ha lo scopo di promuovere la questione palestinese.
finestresulmuro,
traletteraturaestoria,
manuelareadstoo,
narrativapalestinese,
letteraturacarceraria,
storiapalestinese,
NasserAbuSrour,
IlRaccontoDiUnMuro,
TheTaleOfAWall,
Feltrinelli,
DarAlAdab,
ElisabettaBartuli