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Marco Balzano

Resto qui

Einaudi editore 2018

179 pg

Lo scrittore e professore di liceo a Milano è nato nel 1978 ed ha all’attivo già diverse pubblicazioni e saggi.

Il testo in questione registra un grande successo, arriva secondo al Premio Strega e tra gli altri vince il Premio Mario Rigoni Stern.

Il testo è stato molto apprezzato in Italia e all’estero tanto da venire tradotto in nove lingue.

Resto qui tratta di un momento storico particolare in un paese di confine in Val Venosta, Alto Adige.

Scrittore, saggista e poeta, tra le sue opere maggiori troviamo:

Narrativa

Il figlio del figlio (2010), Avagliano

Pronti a tutte le partenze (2013), Sellerio

L'ultimo arrivato (2014), Sellerio

L'agenda ritrovata. Sette racconti per Paolo Borsellino (2017), Feltrinelli

Che cosa ho in testa. Immagini di un mondo in cui valga la pena (2017), Baldini&Castold

Resto qui, Einaudi editore (2018)

Saggi

-Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano (2019), Einaudi editore

Si analizza l’etimologia delle parole nelle loro trasformazioni temporali; ci si concentra su alcuni vocaboli che l’uso quotidiano ha cambiato o stravolto nel significato in diversi ambiti pubblici di comunicazione e marketing.

 

Resto qui è un romanzo a sfondo storico e sociale ambientato in Alto Adige durante un arco di tempo che va dagli anni Venti agli anni Cinquanta. L’estensione temporale piuttosto ampia permette di comprendere gli eventi narrati dalla loro origine. Dopo la Prima Guerra Mondiale questa terra passa dall’Impero Austro-Ungarico all’Italia, subendo suo malgrado violenti cambiamenti politici, sociali e linguistici. La popolazione di lingua tedesca di un piccolo paese dal nome tedesco è la protagonista dell’opera.

Graun nel Ventennio viene forzatamente tradotto in italiano come Curon Venosta; la sua gente viene obbligata non solo ad imparare l’italiano ma viene loro vietato di parlare tedesco, loro lingua madre.

L’avvenimento alla base della narrazione è la costruzione di una diga a sud del bel lago di Resia/Reschen che servirà a produrre energia elettrica. Il paese si rivolta alla decisione dello stato italiano di costruire quello sbarramento che sommergerà il centro abitato ed esproprierà alcuni terreni di contadini e allevatori.

Lo stile è semplice e ben si adatta ai dialoghi dei protagonisti che parlano dei loro problemi quotidiani, della guerra, di uno stato, quello italiano, che non sentono come il loro. Accanto a queste tematiche c’è la costruzione della diga a Graun, una diga che porterà elettricità e progresso dei quali gli abitanti non vogliono sentire parlare e considerano un tradimento verso le tradizioni contadine, un disastro dal punto di vista ambientale e uno scempio ai danni del loro paese e della chiesa della quale si salverà soltanto l’iconico campanile che conosciamo oggi perfino attraverso i social.

Marco Balzano passando in quei luoghi d’estate vede gruppi di turisti che a turno si fanno fotografare con il superstite campanile di Santa Caterina e si chiede cosa sia successo e come abbiano vissuto gli abitanti la costruzione della diga, l’arrivo del progresso e se abbiano mai pensato che il ricordo infelice della distruzione potesse attirare masse di turisti ignari delle loro vicende.

Nasce così “Resto qui “ che Balzano ha scritto dopo aver parlato con persone che hanno vissuto quell’evento; le vicende personali dei protagonisti sono creati dallo scrittore per farci entrare nella situazione e farci capire cosa provava la gente del luogo.

Trina è la figura centrale del testo, una ragazza che all’inizio del racconto è appena diventata maestra, che conosce l’italiano perché lo ha studiato, a differenza dei suoi compaesani che lo hanno dovuto subire. Non ha una vita semplice e neanche troppo felice ma segue il suo intuito che le dice di restare a Graun, pur non riuscendo ad impedire lo scorrere degli eventi che porteranno allo sbarramento del lago.

Non sto a raccontare le vicende in modo particolareggiato ma prendo spunto dai temi che mi hanno più colpita per introdurre qualche altro dettaglio.

Dopo la Grande Guerra l’Alto Adige subisce una italianizzazione coatta e alle persone è proibito mantenere viva la loro lingua; ma il fatto che ci fossero delle scuole clandestine dove le persone un po’ più istruite facevano lezione a gruppetti di bambini in cantine, nelle chiese o in altri luoghi nascosti, ha fatto sì che le tradizioni linguistiche e familiari non andassero perdute. L’attaccamento alle proprie radici è alla base del testo.

La famiglia di Trina e Erich Hauser è sconvolta anche da una grande mancanza: il rapimento della piccola Marica da parte dei cugini benestanti di Erich: Anita e Lorenz che arrivano dalla Germania e nel giro di qualche mese scompaiono con la bambina. Chissà se questo per la loro figlia non sia stato un’opportunità!

Erich va in guerra, quando torna ferito, il figlio Michael simpatizza per il Führer, perché ovviamente non ha fiducia nell’Italia.

Perché Erich non torni al fronte, Trina scappa con lui tra i monti, dove trovano aiuto dalle famiglie dei masi e da un prete. Finita la guerra la costruzione ha inizio ma le proteste, le lettere a Vienna e al Papa non riescono ad evitare la distruzione.

Da amante dei quei posti ho letto il testo percorrendo ogni passo insieme ai protagonisti ed ho cercato di individuare i masi presso cui si sono rifugiati Trina ed Erich disertori: in Rojental dove i sentieri da Graun portano in Svizzera.

Perchè leggere “Resto qui”? Ho approfondito tematiche legate alla storia moderna del Sudtirolo ed ho riflettuto su cosa quel trauma ha rappresentato.

Che effetti può avere il progresso? Deve necessariamente essere dannoso? L’Alto Adige, terra sconvolta dai cambiamenti, col tempo è riuscita a fare delle sue tragedie una forza.

La formula vincente è proprio dar valore alla tradizione e fare in modo che il progresso le sia d’aiuto.

Da leggere.

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