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Lettere a Milena

Franz Kafka ed. Mondadori 2022

Dall’aprile 1920 al novembre 1923 Kafka scrive alla signora Milena, che si era proposta come traduttrice dall’originale tedesco al ceco.

Le lettere a Milena sono una raccolta di missive scritte da Kafka a Jesenská dal 1920 al 1923; durante il suo soggiorno a Merano.

Furono pubblicate la prima volta nel 1952 in tedesco a cura di Willy Haas e nel 1983 senza i tagli operati nell’edizione precedente a cura di Jürgen Born e Michael Müller.

In Italia, tradotto nel 1954, apparve in edizione integrale nel 1988 per Mondadori. La raccolta contiene anche alcune lettere della destinataria a Max Brod e il necrologio scritto in occasione della morte di Franz Kafka.

Dalle lettere traspare un legame più intimo o almeno più profondo di quanto potesse essere quello tra uno scrittore e una traduttrice; anche se dal carteggio emerge un Kafka molto più appassionato nel momento in cui la pensa e la immagina, di quanto lo fosse nei loro brevi e pochi incontri.

Jesenská ha sicuramente un interesse per Kafka, forse attratta dalle sue capacità artistiche; Jesenka è la moglie di Ernst Pollak, intellettuale e critico letterario di Vienna, che la introdusse nei circoli letterari della capitale.

Il matrimonio tra i due finì nel 1925 ma la donna non lasciò mai il marito per Kafka; anzi dopo il loro divorzio conobbe a Praga l’architetto ceco Jaromír Krejcar, dal quale, nel 1928, ebbe una figlia.

L’interesse di Jesenská per i racconti di Kafka ha creato tra i due una consuetudine che lo scrittore ha trasformato in una relazione, ma la donna non dimostrò mai la volontà di allontanarsi dal marito per lui.

Dalle lettere di Kafka si capisce la cura che la traduttrice mette nel suo lavoro, approfondendo anche momenti personali dello scrittore per mettere meglio a fuoco la tematica dei racconti; come quando Milena gli chiede se sia ebreo, a causa del senso di colpa che permea i suoi scritti.

Nella maggior parte delle lettere Kafka parla della sua malattia polmonare, che talvolta trae sollievo dal clima di Merano; suggerisce a Milena di recarsi anche lei in quei luoghi per alleviare la pesantezza che la assale a Vienna, o in alternativa di recarsi a Karlsbad, dove lui la potrebbe raggiungere.

Kafka scrive a Milena più lettere alla settimana, attendendo con impazienza le sue risposte.

La loro corrispondenza, relativa alle traduzioni dello scrittore, in realtà rivela il loro legame, più profondo di una semplice collaborazione di lavoro.

Le ultime lettere scritte da Merano denotano preoccupazione per la salute di Milena, per il suo rapporto col marito ma soprattutto per il fatto che lei gli suggerisce la volontà di smettere il loro scambio epistolare.

Dal canto suo Kafka non smette di descrivere il suo sentimento di grande rispetto e ammirazione per lei, che riesce a infondergli un po’ di vita e di salute con ogni sua lettera.

Erano due persone - come dice lui stesso raccontando un sogno – che si trovano in due stanze comunicanti separate da una porta chiusa dove entrambi hanno la mano sulla maniglia; ma l’apertura della porta avrebbe conseguenze sulla risposta emotiva di entrambi.

Il rapporto con Milena è diverso da quello con Felice, la prima fidanzata alla quale aveva chiesto di sposarlo.

Il sentimento che legava Kafka alla sua traduttrice era dovuto quasi più al fatto che i due erano lontani, che entrambi soffrivano nel corpo e nella mente di accidenti simili. La lontananza più che la frequentazione accendeva il sentimento nello scrittore; la percepiva nella propria stanza, la sentiva quando le scriveva, ma quando si trattava di andarla a trovare, tutto l’ardore si calmava, quasi ci fosse il timore o l’angoscia di perdere la forza vitale che quell’amore gli infondeva, nel momento in cui si fossero incontrati.

L’aveva conosciuta a Praga nel 1919, quando lei si era offerta di tradurre in ceco i racconti.

La lontananza e l’idea del desiderio li univano più che la possibilità di incontrarsi a Vienna, Praga o in qualche stazione termale.

A Milena parlava di tutto e le confessava tutto, creando una angosciante schiavitù amorosa alla quale voleva sottostare.

Se la figura di Felice, era la figura di una moglie, Milena invece rappresentava una figura erotica, che desiderava ma dalla quale prendeva le distanze.

Milena è una figura materna, una sicurezza, un approdo che lo faceva sentire libero finché il rapporto si manteneva tra le righe di una lettera.

Un alternarsi tra amore e morte; anche a questo viene avvicinato tale rapporto: una morte per entrambi, una sublimazione delle loro angosce.

Milena è una persona colta, una traduttrice, scrittrice, giornalista che scrive su Tribuna, pubblicato a Praga, ma non sempre emerge come tale, anzi Kafka ci descrive una sua immagine stanca e provata, alla quale però lui si aggrappa per parlare di scrittura e di letteratura.

Tra loro si frapponevano la fidanzata Julie e il marito Pollak, ma i quattro giorni di fine giugno in cui si videro a Vienna, furono per Kafka la vera vita che mai aveva conosciuto; aveva camminato con lei in città, aveva visto la sua camera con un grande armadio in cui avrebbe voluto vivere, aveva passeggiato in campagna, avevano trascorso il tempo al parco, lui camminò dappertutto e mangiò con gusto senza mai tossire; lei era la sua salute.

Ebbero un altro incontro a Gmund ma Milena non era a suo agio e all’incontro si parlarono come due estranei.

Allo svanire di Milena la malattia riprende, lei era la sua luce, la sua vitalità, ma lei non verrà più a Praga o in altre città, rimarrà accanto al marito.

Il rapporto di Milena col marito è un’abitudine, una convenzione dalla quale non riesce a staccarsi.

Kafka manda continuamente soldi a Milena, avrebbe voluto essere lui a darle quello di cui aveva bisogno, come un marito; le manda anticipi sulle traduzioni e regali perché si possa permettere qualcosa di suo, finché per il suo compleanno non le manda in regalo un maglione di cui diceva di aver bisogno, ma una volta ricevuto Milena non riesce ad accettarlo. Lui invece viveva delle sue lettere, dei sogni in cui era insieme a lei, sognava anche di vivere con lei a Vienna o da qualunque altra parte, e qualsiasi cosa lei avesse deciso, per lui sarebbe andata bene, vivere, non vivere, convivere, solo scriversi o solo pensarsi, bastava che lei ci fosse.

Non sarebbe stato lui a dividerla dal marito, e lei non sarebbe mai venuta a Praga per vivere insieme a lui lasciando il marito; il loro legame era ormai segnato.

Le lettere si fecero più rare, ebbero un breve incontro in cui lui le consegnò i Diari, per consegnarsi a lei per sempre e contemporaneamente liberarsi del passato.

“Amore è per me il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso”

Inquietudine, angoscia, paura, amore, sono per Kafka una parola sola, sia lui che lei soffrivano e amavano soffrire. Si dice anche che l’amore per Milena fosse un amore passionale verso la madre o che fosse la ricerca di quel nutrimento che nella Metamorfosi riceve dalla sorella, alla quale fu molto legato e negli ultimi anni perfino dipendente.

Il loro rapporto epistolare va ad esaurirsi; nelle missive sempre più rare lui le parlò del progetto di emigrare in Palestina, del periodo che visse a Berlino, finché andò in sanatorio dove morì.

Durante la lettura ho annotato qualche idea su cosa potesse definire il loro amore che, se tale era, si potrebbe descrivere come:

- amore letterario

- amore platonico

- amore infelice

- amore idealizzato

- amore e morte

- incapacità ad amare

- non amore

- sentimento di vicinanza tra due anime insoddisfatte


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